Cenni Storici

ROCCASECCA DEI VOLSCI

Provincia di Latina

    PREMESSA

Grazioso e piccolo borgo di poco più di 1000 abitanti, Roccasecca dei Volsci sorge sulle propaggini dei Monti Ausoni, arroccato su un fianco del Monte Curio a 376 m.s.l.m.

Questo piccolo centro della provincia di Latina, per la sua particolare posizione geografica gode di ampie e suggestive visuali, infatti Roccasecca dei Volsci è il paese del belvedere.

 Da qui, infatti è possibile osservare i monti Ausoni, gli Aurunci ed i Lepini, che vanno dal versante della Semprevisa a quello Ciociaro, mentre la visione dell’agro pontino, della valle dell’Amaseno, del promontorio del Circeo, delle Isole Pontine, dell’area archeologica dell’antica “Privernum”, dei paesi di Maenza, Roccagorga, Prossedi, Sonnino e Priverno, suscita un’infinità di forti sensazioni.

 Il verde degli ulivi delle vallate si unisce al verde dei boschi di castagno, olmi, carpini, lecci del monte Alto di Pisterzo (822), del monte Alto di Roccasecca (825), fino al monte delle Fate di Sonnino (1.092) che circondano il paese.

 Roccasecca, negli ultimi anni, ha vissuto un chiaro esempio di valorizzazione delle risorse ambientali, che nella sua parte più alta, presso l’area attrezzata di Monte Matavello (674) è frequentata da numerosi amanti del deltaplano e del parapendio.

Proprio dal vicino Monte Curio (617) ogni giorno si vedono volare gruppi di acrobati dell’aria che altri non sono che cercatori di venti favorevoli e di panorami mozzafiato.

A guardarla dalla falde del Monte Curio, sul quale s’è aggrappata, Roccasecca dei Volsci appare sospesa fra cielo e terra, quasi a voler assecondare quell’idea di “riparo sicuro” che ne è all’origine.

Immersa in un ambiente incontaminato, fra boschi, sorgenti, grotte, resti archeologici e testimonianze storiche antichissime, Roccasecca dei Volsci è stata di proprietà di varie famiglie.

Ai Massimo, che l’hanno governata per 200 anni, si debbono le opere e realizzazioni che costituiscono ancor oggi le più significative testimonianze storiche ed architettoniche del paese: la Chiesa di “S. Maria Assunta in Cielo” ed il “Palazzo Baronale” – meglio noto come “Palazzo Massimo” – che fu dimora delle varie famiglie che ebbero in possesso il paese ed oggi è sede comunale.

Da visitare la Chiesa di “San Sebastiano”, all’ingresso dell’antico borgo medievale, la Chiesetta di “Santa Croce” probabilmente di matrice duecentesca, i Tempietti di “San Raffaele” e di “Santa Maria della Pace”, entrambi di proprietà privata.

Durante i mesi estivi sono molto graditi i freschi venti provenienti dal mare, che risalgono le diverse vallate del territorio orientate verso la costa.

D'estate Roccasecca dei Volsci è meta di turisti, essendo il soggiorno piacevole e tranquillo, l'aria salubre, il clima asciutto e salutare. Anche d'inverno offre visioni caratteristiche.

Inoltre, vi è la possibilità di fare passeggiate ed escursioni naturalistiche dal centro abitato del paese, sino alle propaggini del “Monte Alto” (825 mt), sotto le cui pendici si trovano i resti del Monastero di San Salvatore (Benedettino).

Il paesaggio presenta una varietà di itinerari ancora non molto conosciuti, ma di rilevante interesse geo-morfologico (per la presenza di fossili, sorgenti, grotte), archeologico e religioso.

Le acque assorbite in profondità si tramutano in sorgenti che sgorgano a diverse quote e abbastanza numerose tra le più note ricordiamo le sorgenti della “Fontana”, dell'”Acqua Vita”, della “Lucerna”, della “Marchigiana”, quella in località “Casini”, e la sorgente di “pozzo Taccarello”, tutte ricercate e meta di escursioni.

 Il territorio montano è ricco di RUDISTE, fossili marini risalenti a 60 milioni di anni fa.

Non mancano testimonianze del periodo protostorico (esposte nel museo di Priverno) e romano.

Tra i segni più antichi il cosiddetto “Acquedotto di S. Lorenzo”, chiamato popolarmente “Connutto de gli Diavolo” con ancora visibili i resti di un acquedotto romano (originariamente lungo circa 54 Km. e scavato interamente nella roccia), costruito probabilmente nel periodo dell’imperatore Adriano, la “Cappellina de gli Cimmorono” (cappellina devozionale dedicata alla Madonna) e poi le infinite cavità carsiche, grotte ed anfratti che celano spesso storie misteriose e tragiche, come l’antica “Fonte dell’Acqua Vita” o i resti di una sostruzione di una Villa Romana, chiamata popolarmente “Grotta della Camilla” sita nella località montana della Lucerna.

Nella zona dei “Casini”, nel 1908, sono stati rinvenuti resti di un ELEFANTE ANTICO, di enorme valore paleontologico.

L’olio, ricavato dall’oliva itrana, apprezzato nella Roma del Seicento, era commercializzato dalla famiglia Massimo, feudataria del paese.

Molte le feste religiose e popolari che si svolgono nell’arco dell’anno, tra cui la processione della “Madonna de gli Cimmorono” e la “Sagra della Capra” cotta al sugo, con assaggio delle tradizionali “marzoline” o “caciottelle”, caratteristico formaggio locale ovino.

Il “Museo dell’Olio e delle Tradizioni Popolari”, all’interno di Palazzo Massimo, raccoglie e valorizza il grande patrimonio culturale locale.

Il paese è inoltre dotato di impianti sportivi comunali, tra cui una piscina comunale, una tensostruttura polivalente, un campo di calcetto ed uno di calcio, una pista di pattinaggio, un campo da tennis e una palestra.

Questo già considerevole patrimonio “Storico-Culturale” è completato da un’area di lancio, per gli appassionati del deltaplano e del parapendio, attigua all’area attrezzata per sosta e ristoro del “Campeggio Comunale”, in località “Monte Curio” (mt. 617) e da due laghetti di pesca sportiva in località “I Pantani”, alimentati costantemente da limpide acque sorgive.

Roccasecca dei Volsci confina a Nord ed Est con il Comune di Prossedi, a Sud-Est con il Comune di Amaseno, a Sud con il Comune di Sonnino, a Nord ed Ovest con il Comune di Priverno.

Patrono: “San Massimo Martire” di Roma (20 ottobre e penultima domenica di agosto).

    LA STORIA

Le origini di questo piccolo centro sono avvolte nella leggenda, e la mitologia è diventata storia.

Qui avvenne il mitologico episodio descritto nel libro XI dell'Eneide di Virgilio riguardo Metabo, tiranno di Privernum e Re dei Volsci, il quale in una insurrezione popolare viene cacciato dall'insediamento e costretto a fuggire ed a vagare per i monti con in braccio la piccola Camilla.

Durante la fuga, inseguito da bande di concittadini, giunge sulla riva del fiume Amaseno che per le piogge abbondanti si era gonfiato al punto da non poter essere guadato.

Metabo avvolge la piccola con la corteccia di un albero, la lega alla sua lancia e la getta sull’altra riva del fiume.

Raggiunto dai suoi avversari, si tuffa in acqua e attraversa il fiume a nuoto.

La leggenda narra che Camilla sia arrivata sull'altra sponda del fiume sana e salva perché il padre la consacrò alla Dea Diana (da questa consacrazione le sarebbe derivato il nome Camilla), e crebbe con il padre nei boschi, tra animali selvaggi e pastori, nutrita di latte di cavalle selvagge. 

Ci troviamo nella terra dei Volsci, popolo che fece del controverso rapporto con l’impero Romano uno degli elementi più importanti della propria identità.

Pur confinando con la più potente città dell’impero, la grande Roma, queste popolazioni tentarono sempre di mantenere una propria autonomia e non furono mai completamente sottomessi, provvedendo a rifugiarsi tra le montagne, per difendersi.

Tipicamente simile ai villaggi laziali nati per scopi militari, con Torri d’avvistamento, già nel 1217 Roccasecca dei Volsci figura nell'elenco dei paesi della diocesi di Priverno.

I Volsci, i Latini e i Romani hanno segnato di molte vicende queste terre diventate poi possedimento dello Stato Pontificio, e proprio qui molti Pontefici sono transitati.

Allo stesso modo dei paesi limitrofi, così Roccasecca dei Volsci fu rifugio da tempi memorabili di piccole guarnigioni e fuggiaschi scampati agli attacchi, dei Romani prima e alle truppe di Carlo Magno in seguito, alla Piperno Volsca e Latina.

Le origini di Roccasecca dei Volsci risalgono all’epoca della distruzione di Privernum ad opera dei Saraceni, nel IX secolo e della conseguente fuga delle popolazioni terrorizzate che si rifugiarono in parte sull’attuale Colle Rosso, dove venne edificata Piperno, oggi Priverno, ed in parte in altri centri: Roccagorga, Asprano, Prossedi e Castrum Crucis (o Castellum S. Crucis, il Castello della Croce, così chiamata fino al 1205), edificata sul luogo di una torre d’avvistamento romana; Successivamente prese il nome “Castrum Rocchae Siccae”, poi “Rocca” e “Roccasecca”; in seguito, nel 1872, con l’Unità d’Italia, al nome “Roccasecca” si aggiunse “dei Volsci”, per distinguerla dalla città omonima del frusinate.

La sua importanza viene oltremodo confermata da ripetuti attacchi bellici, che nel corso della sua secolare storia il paese ha subito con due tremende distruzioni: la prima nel 1125 ad opera delle truppe di Papa Onorio II, la seconda da parte dei soldati del francese Carlo VIII che nel 1495 fece radere al suolo il piccolo abitato in omaggio alla amicizia che lo legava alla famiglia dei Colonna, in quel periodo ostinati oppositori del Papa.

Siamo nella terra dei Papi e questi più di ogni altra autorità hanno deciso le sorti del nostro territorio.

Tra i secoli XII e XIII e più precisamente, dal 1377, con “Papa Gregorio XI” (1370-1378) appena tornato da Avignone, Roccasecca ed una parte del territorio di Pisterzo furono donati dalla Chiesa a “Nofrio” della potente famiglia “Conti” di Ceccano; tra il 1425 ed il 1428 passò a “Ildebrando Conti” e ai suoi successori.

Dal 1556, per un brevissimo periodo, fu dei “Carafa”, Conti di Montorio (Napoli) che nel 1558 la cedettero alla nobile famiglia romana dei “Massimo”, il cui principale rappresentante  fu “Carlo Camillo II”, mecenate, collezionista, disegnatore, esperto d’arte e di archeologia, eletto Cardinale nel 1670; A lui dobbiamo il culto di “San Massimo Martire” di Roma, “Palazzo Massimo” (1650 c.), i tempietti di “San Raffaele” (1659) e della “Madonna della Pace” (1661).

Nel 1761 Roccasecca passò alla famiglia “Gabrielli” di Roma, signori anche di Prossedi e di Pisterzo e poi al “Marchese Del Gallo di Roccagiovine”, ultimo feudatario.

Durante la Repubblica Romana, nel 1799 è Presidio francese, poi Comune autonomo dal 1871 al 1928; Dal 1928 al 1947, insieme a Maenza, Roccasecca Dei Volsci fu frazione del Comune di Priverno e solo dal 1947 di nuovo Comune autonomo per decreto del Capo dello Stato.

Tra le suaccennate famiglie che governarono il paese, la più importante per le opere realizzate è sicuramente quella degli aristocratici romani “Massimo” che il 10 giugno del 1558 si succedettero alla guida del feudo.

Questi inizialmente scelsero Prossedi, ma successivamente stabilirono intorno al 1608 che Roccasecca dei Volsci fosse il centro del loro feudo e iniziarono una serie di interventi architettonici e artistici allo scopo essenziale di riaffermare la loro importanza.

IMPIANTO URBANISTICO E MONUMENTI

    IL “CENTRO STORICO

Il “Centro Storico” di Roccasecca dei Volsci, ha mantenuto l’antico impianto urbanistico di origine medioevale, con strettissimi vicoli, cunicoli ed angoli suggestivi che si sviluppano a spirale intorno ai poli principali della vita di quel periodo: il “Palazzo” e la “Chiesa”.

Era inoltre caratterizzato da una unica porta di entrata, la quale veniva chiusa durante la notte e da mura castellane, costituite dalle stesse abitazioni poste lungo il suo perimetro, con incastonate tre torri di controllo e di avvistamento (torre Est, torre Mediana, torre Ovest).

    IL "PALAZZO BARONALE"

Nel Borgo Medioevale, vi sono ancora molti gioielli architettonici ben conservati, tra i quali domina la scena, nel punto più alto di Roccasecca, il “Palazzo Baronale” del “Principe Massimo”, conosciuto infatti anche con il nome di “Palazzo Massimo”, riedificato ed ampliato dal 1592 (anno del passaggio del feudo ad Ascanio Massimo con il contestuale spostamento della sede da Prossedi a Roccasecca) al 1650, su parte dell’antico castello di origine medioevale.

Tale struttura, attualmente mantiene la sua funzionalità polivalente, accogliendo tra i suoi ambienti, oltre al “Museo dell’Olio e delle Tradizioni Popolari”, la biblioteca pubblica e la “Sede Municipale”.

Nei monumenti principali (sia all’interno del centro storico: Palazzo Massimo, Chiese di S. Maria Assunta in Cielo e San Sebastiano che all’esterno: Chiese di S. Croce, S, Raffaele e Madonna della Pace,) si custodiscono veri tesori d’arte.

All’interno di “Palazzo Massimo” è presente una Cappella dove è custodito il prezioso affresco dedicato al “Presepio” o “Natività”.

    LA CHIESA DI “SANTA MARIA ASSUNTA IN CIELO

In Piazza Umberto I°, di fronte al “Palazzo Massimo”, sorge anche la Chiesa di “Santa Maria Assunta in Cielo”, edificata nel 1605 su un preesistente edificio sacro di origine medioevale, una vera galleria d'arte con opere di importanti pittori, tra cui Pietro Aquila (Palermo 1630 - Alcamo 1692), Domenico Fiasella (Sarzana 1589-Genova 1669), detto il “Sarzana” e seguace del Caravaggio e di GIUSEPPE CAMPONESCHI (1745-1798) della fine del 1700, come il dipinto su tavola di S. Lucia nella seconda Cappella lato destro.

Inoltre, sono presenti opere di CANINI GIOVANNI ANGELO (Roma 1609 - ivi 1666), maggiore allievo del DOMENICHINO. e di artisti di qualità ma sconosciuti, come l’autore della preziosa MADONNA IN TRONO del XIV-XV secolo.

In corrispondenza dell’entrata secondaria della Chiesa, popolarmente chiamata “la porticina”, sono presenti due acquasantiere in marmo che testimoniano la preesistenza di un’altra Chiesa.

La prima acquasantiera sul lato sinistro è dell’XI secolo, ma non risulta noto l’autore; la seconda sul lato destro, risale sempre all’XI secolo e riporta il nome dell’autore, lo scultore LEONARDUS RUBEUS, mentre sulla sinistra dell’entrata principale è collocata una Acquasantiera in marmo del XVI secolo.

LA "MONTAGNA E CONTRADA LUCERNA"

La frazione, all’interno di un’ampia dolina carsica, occupa la zona montana ad est del territorio comunale, a confine con Pisterzo (Prossedi) ed Amaseno (FR).

È presente una sorgente d’acqua perenne, che ha agevolato, per millenni, la permanenza dei pastori.

Nell’area sono presenti resti romani, tra cui la “Grotta della Camilla”, concernenti resti di una sostruzione realizzata con il sistema costruttivo in opus reticolatum.

Presenta una vasta area con terreni a coltivazione ed a pascolo; dal punto di vista morfologico, colpisce per il suo particolare aspetto, mosso da rilievi carsici immersi in una natura prodiga. La vegetazione tipica della zona è rappresentata da lecci, querce e carpini; tra la macchia mediterranea è fiorente l’erica (scopiglio), da cui si ricavano scope e pezzi di legno da intagliare.

Nell’area montana sono presenti altre località di notevole interesse storico e naturalistico: la piana di S. Salvatore con l’omonimo eremo dell’XI secolo; Colle Innamorato, con numerose abitazioni oramai quasi del tutto disabitate; Bocca della Selva in cui vi era una scuola; Matavello, con la presenza di allevamenti di bufale, cavalli, pecore e capre.

Il territorio montano è ricco di rudiste, fossili risalenti a 60 milioni di anni fa.

Queste conchiglie erano costituite da due valve asimmetriche: la valva destra, a forma di cono, raggiungeva una decina di centimetri, la sinistra, fungeva da coperchio.

La superficie esterna, parecchia rude, ha dato il nome al mollusco che ora si trova solo allo stato fossile.

Nelle pietre calcaree, di cui sono entrate a far parte, si possono riconoscere o la sezione circolare quando la frattura è trasversale o quella conica in caso di frattura longitudinale; con un po’ fortuna si possono recuperare isolate dalla roccia che le ingloba.

     GROTTA DELLA CAMILLA (Loc. Lucerna)

Nella frazione “Lucerna”, a confine con Pisterzo (Prossedi) ed Amaseno (FR), sono presenti i resti romani di una sostruzione realizzata con il sistema costruttivo in opus reticolatum, denominata la “Grotta della Camilla”, in ricordo della figlia del re volsco Metabo che, dopo essere stata scagliata, legata ad un dardo, si rifugiò in questi monti dopo la distruzione di Priverno.

L’episodio viene riportato da Virgilio nell’XI capitolo dell’Eneide.

    MONASTERO DI SAN SALVATORE (Loc. piana San Salvatore)

Il monastero di San Salvatore, di cui rimangono solo i ruderi, si trova in montagna, nell’amena piana omonima, sotto le pendici del monte Alto (825 mt).

È menzionato per la prima volta in un atto notarile del 9 dicembre 1027 nel quale Leone ed Ildicio, consoli di Priverno ed Amato, figlio di Amato, offrono all’abate Amico beni per la costruzione di un monastero in località Mileto.

La costruzione del nuovo monastero fu opera forse dei monaci che iniziarono così ad esercitare la propria influenza sul territorio limitrofo, su cui insisteva la chiesa di Maria di Moleta (località Lucerna) e l’eremo di S. Silvestro e di San Benedetto in Comune di Amaseno.

San Salvatore, come monastero, ebbe una vita tormentata: in una lettera di papa Onorio III del 20 febbraio 1224 il monastero appare chiaramente in decadenza ma ancora operoso.

Lo stesso papa si espresse di non declassarlo in grancia.

Ma in seguito, viene menzionato come grancia del monastero di Fossanova.

“Molte Grancie ed Ospizi di il monastero di Fossanova possedeva e precisamente fra tante quel luogo sopra Roccasecca detto S. Salvatore, adorno di bellissime e pregevolissime pitture, che era Chiesa e Grancia di Fossanova” (G. Paccasassi, in “Monografia del monumento nazionale di Fossanova presso Piperno”, Fermo 1882)

Importante, per la storia del monastero, la pergamena del 1175, depositata presso l’ Archivio Segreto Vaticano.

“Ora è tradizione ancora viva per i paesi circostanti che i monaci di Fossanova, alla quale un tempo aveva appartenuto detto monastero, andassero lassù nei mesi estivi per fuggire i miasmi delle paludi”. (G. Tommasetti, “Amaseno” Roma, 1899)

In un atto notarile del 1237, contenente una raccolta di deposizioni sollecitate dall’episcopato terracinese e riguardanti la disputa sullo ius del vicedominato tra le Chiese di “Terracina e di Priverno”, viene chiamato, come teste, anche Don Leo, abate di Mileto (Stefano Pagliaroli, Il castellum di Priverno nel Medioevo, Latina, 2011, pagg. 213-15).

S. Salvatore come monastero ebbe poca vita: nella seconda metà del XIII secolo era stato soppresso ed affidato al clero secolare.

 L’area fa parte del “Parco dei Monti Ausoni e Lago di Fondi”, istituito con  L.R. del 4 dicembre 2008 n. 21, le cui finalità sono la conservazione e valorizzazione del luogo.

    CONA MADONNA DELL'ERTA (Loc. Monte Curio)

Le edicole sacre presenti lungo le mulattiere nel territorio, un tempo non lontano molto trafficate, costituiscono una preziosa testimonianza del sentimento religioso e del gusto popolare locale.

In tempi remoti in questa cona (dal greco immagine) si svolgeva una suggestiva processione per onorare l’immagine della Madonna.

Posizionata appena dopo l’erta di Monte Curio, l’edicola custodisce un prezioso bassorilievo in marmo bianco dedicato alla Vergine.

La celebrazione della S. Messa si svolgeva in un contesto naturalistico suggestivo.

FLORA

La vegetazione di Roccasecca dei Volsci presenta caratteristiche prevalentemente mediterranee, considerando l’influenza sul clima da parte del mare, la natura calcarea del terreno e l’aridità estiva.

La zona è ricca di boschi ed è adatta al pascolo degli ovini, all'allevamento dei cavalli e dei bovini.

Vi cresce prevalentemente il leccio (Quercus ilex delle Fagacee), che forma estesi popolamenti soprattutto sui versanti più rocciosi e caldi, con esclusione della zona esposta a sudovest rivolta al mare.

Questo albero tipico della macchia mediterranea, specie sempreverde, presenta altezze da pochi metri a circa 20-25 m., il suo legno duro è usato in carpenteria e per attrezzi.

Abbonda l'olivo come pianta coltivata.

Sono presenti il castagno, il carpino, l'olmo, il ciliegio, il mandorlo, il fico, l'ornello, il fico d'india, ecc.

Il verde attuale è circoscritto nella parte esposta a Nord-Est che riveste tutte le alture circostanti, mentre nelle zone esposte verso il mare abbonda il lentisco, il mirto, l'ampelodesma (stramma), la ginestra.

La vegetazione, ricca di ombre e zone fresche, quando la stagione è favorevole, consente una buona raccolta di funghi, quali: prataioli, porcini, famigliole, cantarelli, ordinali, mazza di tamburo.

“Passeggiando lungo le mulattiere abbandonate che rigano questo territorio, si incontrano, nella stagione propizia, molte varietà di fiori nei loro stupendi ed irrepetibili colori. Alcuni di essi sono rarissimi e si riproducono in zone ben delimitate, veri fazzoletti di terra, ove hanno trovato il loro habitat naturale.  Con una buona dose di fortuna è possibile “raccogliere” (solo con l’occhio umano o fotografico) l’asfodelo giallo, il narciso marino, il giglio caprino giallo, il narciso dei poeti, ecc… Decine sono anche le varietà di orchidee spontanee che a maggio si possono ammirare nelle immediate vicinanze della piana di S. Salvatore. “. (G. Papi – Quaderni di storia locale- 1997).

FAUNA

Il territorio di Roccasecca dei Volsci, crea le condizioni ideali per ospitare diverse specie animali, in molti casi di grande interesse naturalistico poiché specie endemiche dell’area mediterranea e dell’Italia peninsulare o ad alto rischio di estinzione.

Considerevole è la presenza di diversi mammiferi, dai più comuni, quali il cinghiale, la volpe, il tasso, l’istrice, il riccio, la faina, la martora, la donnola, ai più rari e/o tutelati anche a livello europeo (il lupo, la lepre italica, ecc.).

Questi animali hanno abitudini prevalentemente notturne e per questo la loro presenza è spesso avvertita dalle tracce che essi lasciano casualmente (aculei, impronte, tracce di pascolamento) o volontariamente per delimitare il proprio territorio (feci, odori).

Nella zona sono presenti con varie specie anche i pipistrelli o Chirotteri, favoriti dalla presenza di grotte naturali, luoghi di rifugio e zone di foraggiamento che presentano ancora le peculiari condizioni ecologiche necessarie allo svolgimento del delicato e complesso ciclo biologico di questi mammiferi alati.

Si nota, inoltre, la presenza di qualche lontra, molti ranocchi, capre, tinche, barbi, anguille, persici, cavedani, gamberetti.

La fauna della zona è anche costituita da diverse specie di uccelli che si possono osservare, con molti fringillidi, inoltre vi è qualche esemplare di upupa, ghiandaia, cuculo.

Si può ammirare raramente il falco, la poiana, e come uccelli notturni il barbagianni, il gufo, l'assiolo.

GEOLOGIA

La struttura morfologica della maggior parte dei terreni di Roccasecca dei Volsci è di natura argilloso-calcarea, fatta eccezione per una stretta fascia pianeggiante nella piana di Amaseno.

Analizzando più specificatamente il territorio comunale, che in prevalenza è collinoso, si può dedurre che per la maggior parte è costituito da calcari bianchi e avana, a pasta fine o microgranulari, stratificati, con rare intercalazioni di calcari dolomitici.

E’ presente una Macrofauna rappresentata da rudiste e gasteropodi.

Nella parte alta sono presenti livelli paleocenici.

Una minima parte del territorio è interessato da terre rosse, talora miste a materiali piroclastici rimaneggiati, sul fondo di doline e depressioni carsiche.

Nel territorio di Roccasecca dei Volsci sono stati rinvenuti dei fossili (rudiste) soprattutto nelle zone Cava dei Sassi e in Contrada Matavello, fossili risalenti a 60 milioni di anni fa.

Queste conchiglie erano costituite da due valve asimmetriche: la valva destra, a forma di cono, raggiungeva una decina di centimetri, la sinistra, fungeva da coperchio.

La superficie esterna, parecchia rude, ha dato il nome al mollusco che ora si trova solo allo stato fossile.

Nelle pietre calcaree, di cui sono entrate a far parte, si possono riconoscere o la sezione circolare quando la frattura è trasversale o quella conica in caso di frattura longitudinale; con un po’ fortuna si possono recuperare isolate dalla roccia che le ingloba.

I rilievi, che hanno forme sinuose e versanti raramente molto acclivi, hanno modeste altezze (la cima più alta è Monte Alto con i suoi 825 m.s.l.m.) e sono di natura calcarea, modellati dalle acque piovane che, scorrendo principalmente nel sottosuolo, favoriscono i processi di erosione carsica e danno vita a paesaggi e forme suggestive, come le grotte, gli inghiottitoi, le doline, ecc.

L’idrografia superficiale è perciò quasi assente e l’acqua è presente in superficie sotto forma di sorgenti a carattere intermittente e con il fiume Amaseno nella fascia pianeggiante, mentre durante l'inverno le piogge alimentano anche un corso d'acqua in località Valdolenti.

Le acque assorbite in profondità si tramutano in sorgenti che sgorgano a diverse quote e abbastanza numerose tra le più note ricordiamo le sorgenti della “Fontana”, dell’”Acqua Vita”, della “Lucerna”, della “Marchigiana”, quella in località “Casini”, e la sorgente di “pozzo Taccarello”, tutte ricercate e meta di escursioni.

Inoltre si possono raggiungere a piedi anche alcune grotte: dei “Saraceni”, della “Camilla” (impropriamente chiamata poichè è di origine romana) e dei “Marocchini”.

Le precipitazioni si concentrano maggiormente nel semestre invernale, ma non mancano nel periodo estivo.

LA SORGENTE ”DELL’ACQUA VITA

La “sorgente” è situata sotto le doline carsiche esistenti tra Monte Curio (617 m. slm) e Monte Matavello (674 m. slm).

Per tale motivo, più che una vera e propria sorgente, l’Acqua Vita è composta da rocce freatiche stillicidiose; la fresca e preziosa acqua, ricca di carbonato di calcio, raccolta goccia dopo goccia entro una vasca naturale, era utilizzata, sino alla metà del secolo scorso, come unica provvista idrica per il paese.

Le fontane erano poste fuori le mura del paese: nelle località di Santa Croce e di Santa Maria dove alimentava anche un antico lavatoio, poi distrutto. 

 

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