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ROCCASECCA
DEI VOLSCI Provincia
di Latina
PRE Grazioso
e piccolo borgo di poco più di 1000 abitanti, Roccasecca dei Volsci
sorge sulle propaggini dei Monti Ausoni, arroccato su un fianco del
Monte Curio a 376 m.s.l.m. Questo
piccolo centro della provincia di Latina, per la sua particolare
posizione geografica gode di ampie e suggestive visuali, infatti
Roccasecca dei Volsci è il paese del belvedere. Proprio
dal vicino Monte Curio (617) ogni giorno si vedono volare gruppi di
acrobati dell’aria che altri non sono che cercatori di venti
favorevoli e di panorami mozzafiato. Immersa
in un ambiente incontaminato, fra boschi, sorgenti, grotte, resti
archeologici e testimonianze storiche antichissime, Roccasecca dei
Volsci è stata di proprietà di varie famiglie. D'estate
Roccasecca dei Volsci è meta di turisti, essendo il soggiorno
piacevole e tranquillo, l'aria salubre, il clima asciutto e salutare.
Anche d'inverno offre visioni caratteristiche. Inoltre,
vi è la possibilità di fare passeggiate ed escursioni naturalistiche
dal centro abitato del paese, sino alle propaggini del “Monte
Alto” (825 mt), sotto le cui pendici si trovano i resti del
Monastero di San Salvatore (Benedettino). Le
acque assorbite in profondità si tramutano in sorgenti che sgorgano a
diverse quote e abbastanza numerose tra le più note ricordiamo le
sorgenti della “Fontana”, dell'”Acqua Vita”, della
“Lucerna”, della “Marchigiana”, quella in località
“Casini”, e la sorgente di “pozzo Taccarello”, tutte ricercate
e meta di escursioni. Non
mancano testimonianze del periodo protostorico (esposte nel museo di
Priverno) e romano. Tra
i segni più antichi il cosiddetto “Acquedotto di S. Lorenzo”,
chiamato popolarmente “Connutto de gli Diavolo” con ancora
visibili i resti di un acquedotto romano (originariamente lungo circa
54 Km. e scavato interamente nella roccia), costruito probabilmente
nel periodo dell’imperatore Adriano, la “Cappellina de gli
Cimmorono” (cappellina devozionale dedicata alla Madonna) e poi le
infinite cavità carsiche, grotte ed anfratti che celano spesso storie
misteriose e tragiche, come l’antica “Fonte dell’Acqua Vita” o
i resti di una sostruzione di una Villa Romana, chiamata popolarmente
“Grotta della Camilla” sita nella località montana della Lucerna. Nella
zona dei “Casini”, nel 1908, sono stati rinvenuti resti di un
ELEFANTE ANTICO, di enorme valore paleontologico. L’olio,
ricavato dall’oliva itrana, apprezzato nella Roma del Seicento, era
commercializzato dalla famiglia Massimo, feudataria del paese. Molte
le feste religiose e popolari che si svolgono nell’arco dell’anno,
tra cui la processione della “Madonna de gli Cimmorono” e la
“Sagra della Capra” cotta al sugo, con assaggio delle tradizionali
“marzoline” o “caciottelle”, caratteristico formaggio locale
ovino. Il
“Museo dell’Olio e delle Tradizioni Popolari”, all’interno di
Palazzo Massimo, raccoglie e valorizza il grande patrimonio culturale
locale. Il
paese è inoltre dotato di impianti sportivi comunali, tra cui una
piscina comunale, una tensostruttura polivalente, un campo di calcetto
ed uno di calcio, una pista di pattinaggio, un campo da tennis e una
palestra. Roccasecca
dei Volsci confina a Nord ed Est con il Comune di Prossedi, a Sud-Est
con il Comune di Amaseno, a Sud con il Comune di Sonnino, a Nord ed
Ovest con il Comune di Priverno. Patrono:
“San Massimo Martire” di Roma (20 ottobre e penultima domenica di
agosto).
LA
STORIA Le
origini di questo piccolo centro sono avvolte nella leggenda, e la
mitologia è diventata storia. Qui
avvenne il mitologico episodio descritto nel libro XI dell'Eneide di
Virgilio riguardo Metabo, tiranno di Privernum e Re dei Volsci, il
quale in una insurrezione popolare viene cacciato dall'insediamento e
costretto a fuggire ed a vagare per i monti con in braccio la piccola
Camilla. Durante
la fuga, inseguito da bande di concittadini, giunge sulla riva del
fiume Amaseno che per le piogge abbondanti si era gonfiato al punto da
non poter essere guadato. Metabo
avvolge la piccola con la corteccia di un albero, la lega alla sua
lancia e la getta sull’altra riva del fiume. Raggiunto
dai suoi avversari, si tuffa in acqua e attraversa il fiume a nuoto. La
leggenda narra che Camilla sia arrivata sull'altra sponda del fiume
sana e salva perché il padre la consacrò alla Dea Diana (da questa
consacrazione le sarebbe derivato il nome Camilla), e crebbe con il
padre nei boschi, tra animali selvaggi e pastori, nutrita di latte di
cavalle selvagge. Ci
troviamo nella terra dei Volsci, popolo che fece del controverso
rapporto con l’impero Romano uno degli elementi più importanti
della propria identità. Pur
confinando con la più potente città dell’impero, la grande Roma,
queste popolazioni tentarono sempre di mantenere una propria autonomia
e non furono mai completamente sottomessi, provvedendo a rifugiarsi
tra le montagne, per difendersi. Tipicamente
simile ai villaggi laziali nati per scopi militari, con Torri
d’avvistamento, già nel 1217 Roccasecca dei Volsci figura
nell'elenco dei paesi della diocesi di Priverno. I
Volsci, i Latini e i Romani hanno segnato di molte vicende queste
terre diventate poi possedimento dello Stato Pontificio, e proprio qui
molti Pontefici sono transitati. Allo
stesso modo dei paesi limitrofi, così Roccasecca dei Volsci fu
rifugio da tempi memorabili di piccole guarnigioni e fuggiaschi
scampati agli attacchi, dei Romani prima e alle truppe di Carlo Magno
in seguito, alla Piperno Volsca e Latina. Le
origini di Roccasecca dei Volsci risalgono all’epoca della
distruzione di Privernum ad opera dei Saraceni, nel IX secolo e della
conseguente fuga delle popolazioni terrorizzate che si rifugiarono in
parte sull’attuale Colle Rosso, dove venne edificata Piperno, oggi
Priverno, ed in parte in altri centri: Roccagorga, Asprano, Prossedi e
Castrum Crucis (o Castellum
S. Crucis, il Castello della Croce, così chiamata fino al 1205),
edificata sul luogo di una torre d’avvistamento romana;
Successivamente prese il nome “Castrum Rocchae Siccae”, poi
“Rocca”
e “Roccasecca”; in
seguito, nel 1872, con l’Unità d’Italia, al nome “Roccasecca” si
aggiunse “dei
Volsci”, per
distinguerla dalla città omonima del frusinate. La
sua importanza viene oltremodo confermata da ripetuti attacchi
bellici, che nel corso della sua secolare storia il paese ha subito
con due tremende distruzioni: la prima nel 1125 ad opera delle truppe
di Papa Onorio II, la seconda da parte dei soldati del francese Carlo
VIII che nel 1495 fece radere al suolo il piccolo abitato in omaggio
alla amicizia che lo legava alla famiglia dei Colonna, in quel periodo
ostinati oppositori del Papa. Siamo
nella terra dei Papi e questi più di ogni altra autorità hanno
deciso le sorti del nostro territorio. Tra
i secoli XII e XIII e più precisamente, dal 1377, con “Papa Gregorio XI” (1370-1378) appena tornato da Avignone,
Roccasecca ed una parte del territorio di Pisterzo furono donati dalla
Chiesa a “Nofrio” della
potente famiglia “Conti” di
Ceccano; tra il 1425 ed il 1428 passò a “Ildebrando
Conti” e ai suoi successori. Dal
1556, per un brevissimo periodo, fu dei “Carafa”, Conti di
Montorio (Napoli) che nel 1558 la cedettero alla nobile famiglia
romana dei “Massimo”, il cui principale rappresentante
fu “Carlo Camillo II”, mecenate, collezionista,
disegnatore, esperto d’arte e di archeologia, eletto Cardinale nel
1670; A lui dobbiamo il culto di “San Massimo Martire” di Roma,
“Palazzo Massimo” (1650 c.), i tempietti di “San Raffaele”
(1659) e della “Madonna della Pace” (1661). Nel
1761 Roccasecca passò alla famiglia “Gabrielli” di Roma,
signori anche di Prossedi e di Pisterzo e poi al “Marchese Del Gallo di Roccagiovine”, ultimo feudatario. Durante
la Repubblica Romana, nel 1799 è Presidio francese, poi Comune
autonomo dal 1871 al 1928; Dal
1928 al 1947, insieme a Maenza, Roccasecca Dei Volsci fu frazione del
Comune di Priverno e solo dal 1947 di nuovo Comune autonomo per
decreto del Capo dello Stato. Tra
le suaccennate famiglie che governarono il paese, la più importante
per le opere realizzate è sicuramente quella degli aristocratici
romani “Massimo” che il 10 giugno del 1558 si succedettero
alla guida del feudo. Questi
inizialmente scelsero Prossedi, ma successivamente stabilirono intorno
al 1608 che Roccasecca dei Volsci fosse il centro del loro feudo e
iniziarono una serie di interventi architettonici e artistici allo
scopo essenziale di riaffermare la loro importanza. IMPIANTO
URBANISTICO E MONUMENTI
IL “CENTRO STORICO” Il
“Centro Storico” di
Roccasecca dei Volsci, ha mantenuto l’antico impianto urbanistico di
origine medioevale, con strettissimi vicoli, cunicoli ed angoli
suggestivi che si sviluppano a spirale intorno ai poli principali
della vita di quel periodo: il “Palazzo” e la “Chiesa”. Era inoltre caratterizzato da una unica porta di entrata, la quale veniva chiusa durante la notte e da mura castellane, costituite dalle stesse abitazioni poste lungo il suo perimetro, con incastonate tre torri di controllo e di avvistamento (torre Est, torre Mediana, torre Ovest).
IL "PALAZZO BARONALE" Nel
Borgo Medioevale, vi sono ancora molti gioielli architettonici ben
conservati, tra i quali domina la scena, nel punto più alto di
Roccasecca, il “Palazzo
Baronale” del “Principe
Massimo”, conosciuto infatti anche con il nome di “Palazzo
Massimo”, riedificato ed ampliato dal 1592 (anno del passaggio
del feudo ad Ascanio Massimo con il contestuale spostamento della sede
da Prossedi a Roccasecca) al 1650, su parte dell’antico castello di
origine medioevale. Tale
struttura, attualmente mantiene la sua funzionalità polivalente,
accogliendo tra i suoi ambienti, oltre al “Museo dell’Olio e delle
Tradizioni Popolari”, la biblioteca pubblica e la “Sede
Municipale”. Nei
monumenti principali (sia all’interno del centro storico: Palazzo
Massimo, Chiese di S. Maria Assunta in Cielo e San Sebastiano che
all’esterno: Chiese di S. Croce, S, Raffaele e Madonna della Pace,)
si custodiscono veri tesori d’arte. All’interno
di “Palazzo Massimo” è
presente una Cappella dove è custodito il
prezioso affresco dedicato al “Presepio”
o “Natività”.
LA CHIESA DI “SANTA
MARIA ASSUNTA IN CIELO” In
Piazza Umberto I°, di fronte al “Palazzo
Massimo”, sorge anche la Chiesa di “Santa
Maria Assunta in Cielo”, edificata nel 1605 su un preesistente
edificio sacro di origine medioevale, una vera galleria d'arte con
opere di importanti pittori, tra cui Pietro Aquila (Palermo
1630 - Alcamo 1692), Domenico Fiasella (Sarzana
1589-Genova 1669), detto il
“Sarzana” e
seguace del Caravaggio e di GIUSEPPE CAMPONESCHI (1745-1798)
della fine del 1700, come il dipinto su tavola di S. Lucia nella
seconda Cappella lato destro. Inoltre,
sono presenti opere di CANINI GIOVANNI ANGELO
(Roma 1609 - ivi 1666),
maggiore allievo del DOMENICHINO. e di artisti di qualità ma
sconosciuti, come l’autore della preziosa MADONNA
IN TRONO del XIV-XV secolo. In
corrispondenza dell’entrata secondaria della Chiesa, popolarmente
chiamata “la porticina”, sono presenti due acquasantiere in marmo
che testimoniano la preesistenza di un’altra Chiesa. La prima acquasantiera sul lato sinistro è dell’XI secolo, ma non risulta noto l’autore; la seconda sul lato destro, risale sempre all’XI secolo e riporta il nome dell’autore, lo scultore LEONARDUS RUBEUS, mentre sulla sinistra dell’entrata principale è collocata una Acquasantiera in marmo del XVI secolo. |
LA
"MONTAGNA E CONTRADA
LUCERNA" La
frazione, all’interno di un’ampia dolina carsica, occupa la zona
montana ad est del territorio comunale, a confine con Pisterzo
(Prossedi) ed Amaseno (FR). È
presente una sorgente d’acqua perenne, che ha agevolato, per
millenni, la permanenza dei pastori. Nell’area
sono presenti resti romani, tra cui la “Grotta della Camilla”,
concernenti resti di una sostruzione realizzata con il sistema
costruttivo in opus reticolatum. Presenta
una vasta area con terreni a coltivazione ed a pascolo; dal punto di
vista morfologico, colpisce per il suo particolare aspetto, mosso da
rilievi carsici immersi in una natura prodiga. La vegetazione tipica
della zona è rappresentata da lecci, querce e carpini; tra la macchia
mediterranea è fiorente l’erica (scopiglio), da cui si ricavano
scope e pezzi di legno da intagliare. Nell’area
montana sono presenti altre località di notevole interesse storico e
naturalistico: la piana di S. Salvatore con l’omonimo eremo
dell’XI secolo; Colle Innamorato, con numerose abitazioni oramai
quasi del tutto disabitate; Bocca della Selva in cui vi era una
scuola; Matavello, con la presenza di allevamenti di bufale, cavalli,
pecore e capre. Il
territorio montano è ricco di rudiste, fossili risalenti a 60 milioni
di anni fa. Queste
conchiglie erano costituite da due valve asimmetriche: la valva
destra, a forma di cono, raggiungeva una decina di centimetri, la
sinistra, fungeva da coperchio. La
superficie esterna, parecchia rude, ha dato il nome al mollusco che
ora si trova solo allo stato fossile. Nelle
pietre calcaree, di cui sono entrate a far parte, si possono
riconoscere o la sezione circolare quando la frattura è trasversale o
quella conica in caso di frattura longitudinale; con un po’ fortuna
si possono recuperare isolate dalla roccia che le ingloba. Nella
frazione “Lucerna”, a confine con Pisterzo (Prossedi) ed Amaseno
(FR), sono presenti i resti romani di una sostruzione realizzata con
il sistema costruttivo in opus reticolatum, denominata la “Grotta della Camilla”, in
ricordo della figlia del re volsco Metabo che, dopo essere stata
scagliata, legata ad un dardo, si rifugiò in questi monti dopo la
distruzione di Priverno. L’episodio
viene riportato da Virgilio nell’XI capitolo dell’Eneide. Il
monastero di San Salvatore, di cui rimangono solo i ruderi, si trova
in montagna, nell’amena piana omonima, sotto le pendici del monte
Alto (825 mt). È
menzionato per la prima volta in un atto notarile del 9 dicembre 1027
nel quale Leone ed Ildicio, consoli di Priverno ed Amato, figlio di
Amato, offrono all’abate Amico beni per la costruzione di un
monastero in località Mileto. La
costruzione del nuovo monastero fu opera forse dei monaci che
iniziarono così ad esercitare la propria influenza sul territorio
limitrofo, su cui insisteva la chiesa di Maria di Moleta (località
Lucerna) e l’eremo di S. Silvestro e di San Benedetto in Comune di
Amaseno. San
Salvatore, come monastero, ebbe una vita tormentata: in una lettera di
papa Onorio III del 20 febbraio 1224 il monastero appare chiaramente
in decadenza ma ancora operoso. Lo
stesso papa si espresse di non declassarlo in grancia. Ma
in seguito, viene menzionato come grancia del monastero di Fossanova. “Molte
Grancie ed Ospizi di il monastero di Fossanova possedeva e
precisamente fra tante quel luogo sopra Roccasecca detto S. Salvatore,
adorno di bellissime e pregevolissime pitture, che era Chiesa e
Grancia di Fossanova”
(G. Paccasassi, in “Monografia del monumento nazionale di Fossanova
presso Piperno”, Fermo 1882) Importante,
per la storia del monastero, la pergamena del 1175, depositata presso
l’ Archivio Segreto Vaticano. “Ora
è tradizione ancora viva per i paesi circostanti che i monaci di
Fossanova, alla quale un tempo aveva appartenuto detto monastero,
andassero lassù nei mesi estivi per fuggire i miasmi delle paludi”.
(G. Tommasetti, “Amaseno” Roma, 1899) In
un atto notarile del 1237, contenente una raccolta di deposizioni
sollecitate dall’episcopato terracinese e riguardanti la disputa
sullo ius del vicedominato
tra le Chiese di “Terracina e di Priverno”, viene chiamato, come
teste, anche Don Leo, abate di Mileto (Stefano Pagliaroli, Il
castellum di Priverno nel Medioevo, Latina, 2011, pagg. 213-15). S.
Salvatore come monastero ebbe poca vita: nella seconda metà del XIII
secolo era stato soppresso ed affidato al clero secolare. L’area
fa parte del “Parco dei Monti Ausoni e Lago di Fondi”, istituito
con L.R. del 4 dicembre
2008 n. 21, le cui finalità sono la conservazione e valorizzazione
del luogo.
CONA MADONNA DELL'ERTA
(Loc. Monte Curio) Le
edicole sacre presenti lungo le mulattiere nel territorio, un tempo
non lontano molto trafficate, costituiscono una preziosa testimonianza
del sentimento religioso e del gusto popolare locale. In
tempi remoti in questa cona (dal greco immagine) si svolgeva una
suggestiva processione per onorare l’immagine della Madonna. Posizionata
appena dopo l’erta di Monte Curio, l’edicola custodisce un
prezioso bassorilievo in marmo bianco dedicato alla Vergine. La celebrazione della S. Messa si svolgeva in un contesto naturalistico suggestivo. |
FLORA La
vegetazione di Roccasecca dei Volsci presenta caratteristiche
prevalentemente mediterranee, considerando l’influenza sul clima da
parte del mare, la natura calcarea del terreno e l’aridità estiva. La
zona è ricca di boschi ed è adatta al pascolo degli ovini,
all'allevamento dei cavalli e dei bovini. Vi
cresce prevalentemente il leccio (Quercus ilex delle Fagacee), che
forma estesi popolamenti soprattutto sui versanti più rocciosi e
caldi, con esclusione della zona esposta a sudovest rivolta al mare. Questo
albero tipico della macchia mediterranea, specie sempreverde, presenta
altezze da pochi metri a circa 20-25 m., il suo legno duro è usato in
carpenteria e per attrezzi. Abbonda
l'olivo come pianta coltivata. Sono
presenti il castagno, il carpino, l'olmo, il ciliegio, il mandorlo, il
fico, l'ornello, il fico d'india, ecc. Il
verde attuale è circoscritto nella parte esposta a Nord-Est che
riveste tutte le alture circostanti, mentre nelle zone esposte verso
il mare abbonda il lentisco, il mirto, l'ampelodesma (stramma), la
ginestra. La
vegetazione, ricca di ombre e zone fresche, quando la stagione è
favorevole, consente una buona raccolta di funghi, quali: prataioli,
porcini, famigliole, cantarelli, ordinali, mazza di tamburo. “Passeggiando
lungo le mulattiere abbandonate che rigano questo territorio, si
incontrano, nella stagione propizia, molte varietà di fiori nei loro
stupendi ed irrepetibili colori. Alcuni di essi sono rarissimi e si
riproducono in zone ben delimitate, veri fazzoletti di terra, ove
hanno trovato il loro habitat naturale.
Con una buona dose di fortuna è possibile “raccogliere”
(solo con l’occhio umano o fotografico) l’asfodelo giallo, il
narciso marino, il giglio caprino giallo, il narciso dei poeti, ecc…
Decine sono anche le varietà di orchidee spontanee che a maggio si
possono ammirare nelle immediate vicinanze della piana di S.
Salvatore. “.
(G. Papi – Quaderni di storia locale- 1997). FAUNA Il
territorio di Roccasecca dei Volsci, crea le condizioni ideali per
ospitare diverse specie animali, in molti casi di grande interesse
naturalistico poiché specie endemiche dell’area mediterranea e
dell’Italia peninsulare o ad alto rischio di estinzione. Considerevole
è la presenza di diversi mammiferi, dai più comuni, quali il
cinghiale, la volpe, il tasso, l’istrice, il riccio, la faina, la
martora, la donnola, ai più rari e/o tutelati anche a livello europeo
(il lupo, la lepre italica, ecc.). Questi
animali hanno abitudini prevalentemente notturne e per questo la loro
presenza è spesso avvertita dalle tracce che essi lasciano
casualmente (aculei, impronte, tracce di pascolamento) o
volontariamente per delimitare il proprio territorio (feci, odori). Nella
zona sono presenti con varie specie anche i pipistrelli o Chirotteri,
favoriti dalla presenza di grotte naturali, luoghi di rifugio e zone
di foraggiamento che presentano ancora le peculiari condizioni
ecologiche necessarie allo svolgimento del delicato e complesso ciclo
biologico di questi mammiferi alati. Si
nota, inoltre, la presenza di qualche lontra, molti ranocchi, capre,
tinche, barbi, anguille, persici, cavedani, gamberetti. La
fauna della zona è anche costituita da diverse specie di uccelli che
si possono osservare, con molti fringillidi, inoltre vi è qualche
esemplare di upupa, ghiandaia, cuculo. Si
può ammirare raramente il falco, la poiana, e come uccelli notturni
il barbagianni, il gufo, l'assiolo. GEOLOGIA La
struttura morfologica della maggior parte dei terreni di Roccasecca
dei Volsci è di natura argilloso-calcarea, fatta eccezione per una
stretta fascia pianeggiante nella piana di Amaseno. Analizzando
più specificatamente il territorio comunale, che in prevalenza è
collinoso, si può dedurre che per la maggior parte è costituito da
calcari bianchi e avana, a pasta fine o microgranulari, stratificati,
con rare intercalazioni di calcari dolomitici. E’
presente una Macrofauna rappresentata da rudiste e gasteropodi. Nella
parte alta sono presenti livelli paleocenici. Una
minima parte del territorio è interessato da terre rosse, talora
miste a materiali piroclastici rimaneggiati, sul fondo di doline e
depressioni carsiche. Nel
territorio di Roccasecca dei Volsci sono stati rinvenuti dei fossili
(rudiste) soprattutto nelle zone Cava dei Sassi e in Contrada
Matavello, fossili risalenti a 60 milioni di anni fa. Queste
conchiglie erano costituite da due valve asimmetriche: la valva
destra, a forma di cono, raggiungeva una decina di centimetri, la
sinistra, fungeva da coperchio. La
superficie esterna, parecchia rude, ha dato il nome al mollusco che
ora si trova solo allo stato fossile. Nelle
pietre calcaree, di cui sono entrate a far parte, si possono
riconoscere o la sezione circolare quando la frattura è trasversale o
quella conica in caso di frattura longitudinale; con un po’ fortuna
si possono recuperare isolate dalla roccia che le ingloba. I
rilievi, che hanno forme sinuose e versanti raramente molto acclivi,
hanno modeste altezze (la cima più alta è Monte Alto con i suoi 825
m.s.l.m.) e sono di natura calcarea, modellati dalle acque piovane
che, scorrendo principalmente nel sottosuolo, favoriscono i processi
di erosione carsica e danno vita a paesaggi e forme suggestive, come
le grotte, gli inghiottitoi, le doline, ecc. L’idrografia
superficiale è perciò quasi assente e l’acqua è presente in
superficie sotto forma di sorgenti a carattere intermittente e con il
fiume Amaseno nella fascia pianeggiante, mentre durante l'inverno le
piogge alimentano anche un corso d'acqua in località Valdolenti. Le
acque assorbite in profondità si tramutano in sorgenti che sgorgano a
diverse quote e abbastanza numerose tra le più note ricordiamo le
sorgenti della “Fontana”, dell’”Acqua Vita”, della
“Lucerna”, della “Marchigiana”, quella in località
“Casini”, e la sorgente di “pozzo Taccarello”, tutte ricercate
e meta di escursioni. Inoltre
si possono raggiungere a piedi anche alcune grotte: dei
“Saraceni”, della “Camilla” (impropriamente chiamata poichè
è di origine romana) e dei “Marocchini”. Le
precipitazioni si concentrano maggiormente nel semestre invernale, ma
non mancano nel periodo estivo. LA
SORGENTE
”DELL’ACQUA
VITA” La
“sorgente” è situata sotto le doline carsiche esistenti tra Monte
Curio (617 m. slm) e Monte Matavello (674 m. slm). Per
tale motivo, più che una vera e propria sorgente, l’Acqua Vita è
composta da rocce freatiche stillicidiose; la fresca e preziosa acqua,
ricca di carbonato di calcio, raccolta goccia dopo goccia entro una
vasca naturale, era utilizzata, sino alla metà del secolo scorso,
come unica provvista idrica per il paese. Le fontane erano poste fuori le mura del paese: nelle località di Santa Croce e di Santa Maria dove alimentava anche un antico lavatoio, poi distrutto. |
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